lunedì 3 dicembre 2012

sahara express

Maggio 2010, viaggio in Sahara Occidentale.
A causa della nuvola vulcanica islandese la delegazione di cui faccio parte rimane bloccata per l'annullamento del volo Casablanca-Laayoun, per arrivare in tempo agli incontri in programma si decide di proseguire via terra, attraverso il Marocco.
Casablanca-Marrakech-Agadir-Tiznit-Guelmin-TanTan-Tarfaya-El Ayoun- Boujdour
oltrepassando le montagne dell'Atlante
verso la terra dei Saharawi che
come una visione mistica si apre tra deserto e oceano.




 

mal d'Afric

Agosto 2010 - risveglio improvviso
dopo un sonno profondo

dove sono ?  sono confuso..
devo far ordine, allora
mi trovavo in questa camera al primo piano su un letto con materasso di lattice di cacciù ivoriano,
le pareti beige e le piastrelle del pavimento troppo lucide per i miei piedi scalzi
di una casa in affitto nel quartiere Deux Plateux ad Abidjan,
con l'aria condizionata, che ho staccato, durante la stagione delle piccole pioggie,
mentre ieri ero a Tiassalè nel cuore verde naturale della Costa d'Avorio tra risaie e foreste  coltivazioni di manioca e piantagioni tropicali,
l'altra settimana in Senegal a Dakar di passaggio qualche giorno sulla spiaggia di N'Gor
poi più stabile per tre settimane in Casamance sul fiume a Ziguinchor nella casa di Goumel
letto a baldacchino con zanzariera, poi in moto
nel Kalounayes a Koubanao e Coubalan tra foresta risaie nella brousse,
pioggie fango motocoltivatori semi di riso e risate sotto il mango con gli amici contadini del Kdes
prima ancora di nuovo a Dakar-N'Gor (stessa spiaggia-stesso albergo-stesso passaggio)
per partire con successivo scalo a Casablanca (all'aeroporto un the verde alla menta, shukran).

Domani sono tornato, è venuta a prendermi in auto Tamara a Malpensa
dentro un ferragosto che arroventa la pianura padana di afa tropicale,
con le gomme da neve e mi aggiorna di sè.

Dopo circa un mese di girovagare africano finalmente rientrerò a casa
in Piemonte tra le colline verdi del Monferrato
ed appena avrò rimesso piede nella mia terra
mi salirà di nuovo inesorabile la voglia di tornare..
 

martedì 20 novembre 2012

2° storia 6° parte, Degaulle con la maglietta di Sankarà

Durante questi primi giorni incontriamo un po' di gente, molto visite a casa, sembra proprio che destiamo enorme curiosità, in fondo siamo gli unici bianchi che vivono nel quartiere. Ci vien a far visita anche un ragazzo alto, magro, con una voce profonda, è uno studente universitario, anche lui ci dà il benvenuto, abita nello stesso quartiere, ci dice che è un onore nonchè un piacere fare la nostra conoscenza ed averci come vicini di casa. Verso la sera del giorno dopo torna, ci ha preso gusto, così prendiamo confidenza, ha voglia di parlare, di confrontarsi, ci chiede dell’Europa e dell’Italia, che ci facciamo lì, rispondiamo come con tutti, lui compreso, con la parola "cooperazione" che intanto ho scoperto è una definizione pass-partout che non ha bisogno di spiegazioni, da queste parti in effetti il settore incide molto sulla bilancia dei pagamenti nazionale.
Esistono infatti ministeri, dipartimenti, agenzie, consigli e delegati per la "cooperazione", un asset economico che ha fatto del sistema della mano tesa dei paesi poveri da una parte e dell'intervento solidaristico terzomondista per salvare la coscienza e le apparenze dello sfruttamento dei paesi ricchi dall'altra una delle voci di spesa più succulente, nello storico è evidente che la cooperazione bilaterale nord-sud tra nazioni ha creato corruzione e lasciato sul terreno modesti risultati a fronte di quanto investito. Ma non è certo il nostro caso..! noi, noi facciamo cooperazione decentrata, poche risorse dirette ma grande know-how in campo per  rafforzare le competenze locali..(!?) o almeno dovremmo provarci.
Questo ragazzo ci parla del Burkina Faso (terra degli uomini integri), si discute di sviluppo e della situazione politica. Ecco, ci fa notare la maglietta (una t-shirt) che indossa con sopra un'effige, (a questo punto dopo certi discorsi e quest'esibizione ideologica l'espressione del nostro silenzioso guardiano Jeanbaptiste, sistemato più in là sempre attento come una portinaia della Torino anni '50 alle dinamiche casalinghe, diventa preoccupata come quella di chi in casa avesse tra gli ospiti un pericoloso sovversivo..) è quella di Thomas Sankara! Il capitano illuminato, primo presidente della repubblica, leader carismatico per tutta l'africa occidentale che si impegnò molto in favore di riforme radicali per eliminare la povertà, speranza della giovane africa post-coloniale ucciso nel 1987 durante il colpo di stato dall’attuale presidente (dittatore) Blaise Compaorè, già suo compagno d'armi e braccio destro.
Quindi questo studente infervorato dalla passione politica fa parte di tale associazione e si chiama Degaulle, (incredibile) proprio così! (nome proprio, tutto attaccato). Accidenti al caso, penso, un personaggio con il nome di un generale francese conservatore colonialista che da vero militante attivo porta orgogliosamente la maglietta del mitico capitano africano rivoluzionario, e penso ..ma 'sto destino a volte non è  proprio un po’ bizzarro ?

lunedì 19 novembre 2012

2° storia 5° parte, C'est l'afrique (Benvenuto in Africa)

Erano i primi giorni della prima missione in Burkina Faso, luglio 2001, ricordo il tutto non in dettaglio, in volo da Torino, via Parigi poi scalo Bamako ed arrivo a Ouagadougou. Sbarco dall’aereo dove metto piede per la prima volta sul continente nero, sento subito il caldo umido della stagione delle pioggie, con Luca, lui qui ci è già stato un paio di volte, ormai esperto delle trafile, svolgiamo gli adempimenti d'ingresso con una certa solerzia non fosse per il fatto che lasciamo lì al bancone di legno della polizia di frontiera, governato da una solerte donna formosa in uniforme cachi, i ns. passaporti. A fatica riesco a scrivere il nome di questo luogo di “disembarcament” sulla "fiche" per i visti, (O-u-a-g-a-d-o-u-g-o-u) (tutte queste vocali vicine ed uguali mi confondono) paghiamo 10.000 franchi CFA (circa 30.000 lire) ciascuno per la tassa di visto e consegnamo il passaporto in cambio di una ricevuta che non è altro che un foglio di carta malamente pre-stampato con un timbro blue enorme ed una firma scarabocchiata, con un certo senso di nudità, provocato da questa consegna coatta in cambio di uno "straccio" di ricevuta, proseguo per il ritiro bagagli.
Ne fanno parte due sacchi  da 25 kg cadauno di sementi di sorgo da foraggio (sono per il progetto di cooperazione, per le vacche da allevare per la filiera del latte, per far la guerra a quello in polvere delle multinazionali..). Insomma questi due sacchi, in partenza a Torino, avevano già tutta una loro storia, recuperati a fatica fuori stagione in qualche magazzino del consorzio agrario avevano girovagato di mano in mano qualche settimana per mezzo Piemonte prima di esser recapitati  a casa di Luca. Successivamente avevano creato qualche problema con le stilosissime hostess dell'AirFrance al check-in di Caselle, queste belle figliole non avevano mai imbarcato bagagli di tal genere e quindi incerte e dubbiose sul reale contenuto e sulla consistenza e resistenza, dopo nostra decisa insistenza, spiegando le motivazioni "umanitarie" di tale merce, trovarono una soluzione facendoceli impacchettare di nylon presso l'apposita postazione normalmente impiegata per proteggere le valigie griffate dei turisti di stagione che guarda caso in fila dopo di noi s'erano già un po’ innervositi "per via di 'sti due contadini" mezzi Indiana Jones e mezzi missionari laici (laicissimi) volontari in partenza con scalo a Parigi verso un'improbabile quanto sconosciuta destinazione che facevan solo perder tempo. Questi due sacchi di sorgo da foraggio  in arrivo a Ouagadougou posti su due carrelli con gli altri bagagli stimolarono inoltre la curiosita e l’ilarità dei doganieri tranquillamente di stanza lì, che chiedendoci che (caspita) ne avremmo fatto gli rispondemmo che erano per la brousse, convinti noi d'esserci sobbarcati tutto questo peso.. ci lasciarono passare senza ulteriori controlli. 
Infine uscemmo dall'aeroporto dove c'era un taxi  verde, un mercedes tutto scassato con avviamento a contatto tra i fili del cruscotto, uno chaffeur di qualche etnia verso il Niger con le tipiche scarificazioni sul viso, che Giuliana aveva recuperato per venirci ad accogliere. Giuliana ci saluta, la conosco in quel momento, è una signora dai capelli rossi dagli occhi e la carnagione chiara, in netto contrasto con il contesto umano tipico del luogo, ma allegra e piena d'energia, è un'ex pellicciaia di Alba in pensione che sta organizzando le attività di formazione per i sarti, "corsi di couture", rappresentante di tal associazione di categoria artigiana presidente del movimento femminile regionale coinvolta partner del Progetto Jubilè, naturalmente anche io e Luca siamo i rappresentanti, con diverso ruolo, di tal associazione di categoria agricola coinvolta (suo malgrado) partner del progetto Jubilè, (Luca delegato del movimento giovaline regionale, io semplice associato).
Questa prima boccata d’aria d’Africa mi ha letteralmente confuso, sarà la stanchezza del viaggio, il caldo della situazione esotico-tropicale-saheliana che mi stordiscono, il caos di questi nuovi luoghi dove è tutto un brulicare di persone in movimento sui più svariati mezzi di trasporto.
Persone, affaccendate a sopravvivere che s’intersecano e m'incrociamo indaffarate, mentre per me è una saturazione di sensazioni - mi riprendo un attimo e m'accendo una sigaretta, "ça va monsieur? tres bien, mercì" - mentre è tutto color crete senesi con un'orizzonte ambrato, siamo al tramonto, c’è un po’ di vento che spira e solleva in un "tourbilion" la sabbia rossa sull'asfalto del piazzale dell'aeroporto mentre controllo il traffico del carico  bagagli, mentre sventolano la bandiera nazionale e della CEDAO, nel baule in un attimo ritrovo intatti anche i due sacchi di semente perché c'è un fermento di braccia e mani dei diversi portantini aereoportuali che si accalcano per darci una mano, per guadagnarsi una moneta che distrattamente gli si lascia e poi saliamo sul taxi e attraversando questa città, capitale sconosciuta al mio mondo, con oltre un milione di abitanti, raggiungiamo la casa.
La nostra base, quella che sarà la "Maison Jubileé" vicino la zone de Bois, perché noi non si dorme in albergo, abbiamo la casa del progetto presa in affitto che sta allestendo Giuliana, arrivata un paio di setttimane prima. Un quartiere di strade rosse di terra battuta, laterite - muri perimetrali e cancelli di ferro, con cespugli ed arbusti di verde che invadono come qualche mucchio di immondizia  di organico e sabbia da cantiere la carreggiata, qualche pollo che razzola ed un porco che grugnisce attraversando. Ad ogni passaggio è una lenta gymkhana. Per ora in casa ci sono pochi mobili in un ampio salone dove verrano allestiti i tavoli di couturerie, c'è un divano, due camere, una toilette con l'acqua corrente, abbiamo l'energia elettrica, non c'è l'aria condizionata (per fortuna) ma la moustiquaire alle finestre ed i ventilatori a soffitto, fuori una veranda ed un pergolato di ibisco, sui muri  e nel controsoffitto vivono jeki e marguià che si mangieranno le ns. zanzare.  Ricordo cosa ci ha detto prima di partire il padre di Luca, medico e professore all'università: "ragazzi andate in una zona iper-endemica, occhio alla malaria". Effettivamente siamo nella stagione delle pioggie ed il rischio c'è, quindi senza profilassi (non mi sono convinto ad avvelenarmi il fegato di Lariam) ma con speranza mi affido alla protezione dell'Autàn. In questa casa nei prossimi giorni ci sarà anche un guardiano, anzi dei guardiani, uno per il giorno con ruolo più da portiere, quando arriveranno i materiali nel magazzino (tessuti, stoffe, altre supellettili per il progetto) altri due la notte armati contro i ladri, solo più tardi mi renderò conto che tale ruolo nelle città africane è una specie di perversione showinistica, come elemento di distinzione nella realtà residenziale di pochi privilegiati benestanti, indispensabile quanto inutile, è uno status-simbol, fa bella figura di sè sulla porta di casa, al cancello, magari in divisa, una specie di portinaio con facoltà di difesa e tutela da curiosi intrusi e potenziali ladri, componente fondamentale per la tranquillità di ogni "fouyer domestico" che si rispetti, soprattutto se costituito da bianchi, il guardiano è, in paese penultimo nella classifica dell'indice di sviluppo umano dell'Onu, il  riconoscimento tangibile e sfrontato di una differenza sostanziale di censo. 
Trascorsi un paio di giorni di tour in brousse con Marcel, dopo esser passato presso la polizia di frontiera all'aeroporto Emile ci consegna il passaporto con il visto rilasciato dalle autorità ministeriali, mi sembra tanto un’opera di artigianato burocratico in stile borbonico, perché occupa tutta un’intera pagina con tre diversi timbri rossi, con una vistosa firma in calce ed una marca da bollo. Quindi ora sono in Burkina Faso, con domicilio nella capitale Ouagadougou, quartiere Zogonà, Maison Jubileé, ho recuperato il mio passaporto con il visto, non mi sento più così scoperto.. benvenuto in Africa.  (continua)

 

venerdì 16 novembre 2012

2° storia 4° parte, Dio è grande ma i bianchi non sono piccoli

Davìd è uno dei pochi imprenditori che conosciamo a Ouaga, dopo un certo girovagare fuori dai soliti giri dei cooperanti degli amici contadini della brousse dei sarti del corso di moda e confezioni di Giuliana, dei guardiani di casa e dei vicini burkinabè del quartiere dove abbiamo residenza nella casa ormai soprannominata "Maison Jubilè" per il titolo del progetto Giubileo che ci vede coinvolti in azioni di cooperazione decentrata. E' sempre Marcel a darci il contatto, lo conosciamo perché è il vicino di terra giù a sud, sul Volta Nero dove andiamo a visitare i terreni del progetto, dove dovrebbero iniziare produzioni agricole a sostegno della filiera del latte (?!). Su questo aspetto sono molto scettico, il terreno è lontanissimo dai centri abitati, è sperduto a sud al confine del Ghana, è stato bonificato..si, però non ha molto senso produrre foraggio per le vacche da latte dove l’allevamento di quest'ultime non esiste, perché l'allevamento in Burkina significa pastorizia nomade o al massimo stanziale, anche se comprendo l’impostazione ideologica di far "la guerra al latte in polvere" delle multinazionali. In quel terreno a sud in brousse s’è fatto abbattere i pochi alberi ed arbusti che c’erano per far posto alle coltivazioni di non si sa ancora bene cosa.. intanto un bull-dozèr (rigorosa pronuncia francese) ha lavorato qualche giorno, bruciato del gasolio e reso arabile quest’area. David (nipote di tal vescoso di Ouagadougou) imprenditore burkinabè è anche l’impresario che ha appena svolto questo lavoro, lavoro a cui dobbiamo fare un po’ di contabilità, misurando prima a passi e poi a rotella metrica e poi a conta-kilometri del pick-up la superficie del lavoro eseguito, io sono anche geometra no? è un lavoro da ragazzi! non fosse per la mancanza di una mappa e di riferimenti topografici in questo semi-deserto africano, il caldo della stagione secca e l'ora con il sole allo zenit ci si potrebbe anche divertire. (in fondo è come un'avventura, ci son persino gli avvoltoi in cielo in tondo sulla ns. testa, fa molto far-west, vuoi mettere a raccontarlo ai colleghi del collegio dei geometri provinciale ?). Pensiamo ci stia fregando, come con tutti quelli che con le ruspe fanno movimento terra.. in ogni parte del globo i metri-quadri i metri-cubi e le ore di lavoro quando è tempo di far il consuntivo non tornano mai. Quindi eseguiamo il controllo, a misura nonostante le condizioni ambientali border-line. Oltre al sottoscritto, Giulio, Luca, Ippolite (detto "le boingar" asino in morè) (il giorno dopo mentre procediamo spediti sul pick-up per un suo colpo di sterzo mal dato per evitare un "cratere" nell'asfalto a momenti ci ribaltiamo sulla strada principale della stato, tra Ouagadougou e Koudougou) ns. fido autista e Davìd nella squadra ci sono un almeno un altro paio di aiutanti "rurali" (rigorosamente in ciabatte e copricapo di paglia) con il macete in mano pronti anche ad intervernire per staccare la testa di netto ad eventuali serpenti che saltan fuori, a farci notare impronte di elefanti o a lamentarsi delle scimmie (babbuini) ('ste fetenti) che si mangiano il raccolto. Intanto conosciamo meglio Davìd, ha studiato in Francia, effettivamente ha una certa esperienza e cultura, ci dice di voler lavorare ed investire in agricoltura, in fondo anche lui è un collega contadino. Si parla e si fa amicizia entrando un po' in confidenza, la cosa più semplice quì in Africa, perchè l'allegria in generale non manca mai e con lui in particolare stiamo condivendo le fatiche del viaggio e della giornata di lavoro al limite dell’umano sopportabile. Ci si vede il giorno dopo per un altro giro in brousse, definita finalmente la noiosa questione contabile svolgiamo molto più interessanti approfondimenti su coltivazioni, attrezzature ed impianti agrari passegiando lungo le sponde del fiume e poi all'ombra di una provvidenziale tettoia di paglia. La sera successiva c’invita a cena a casa sua a Ouaga, una bella casa nel verde, ci fa accomodare nel patio, riceve ringraziando il dono di una bottiglia di vino di Luca (imprenditore agricolo produttore di vino biologico che pensa anche all'esportazione) a sua volta ci stappa una bottiglia di vino francese niente male e rimaniamo stupiti .. (questo è uno che fa sul serio! ..non è affatto evidente una cosa del genere da queste parti, il vino è un bene di lusso più della carne di manzo). Si chiacchera  piacevolmente e salta fuori l'idea di diventare partner d'affari. Lui sul posto ha già l'attività in corso, piccole infrastrutture, ha bonificato e recintato un terreno ed impiantato una coltivazione di papaya e banane con irrigazione a scorrimento con motopompa che pesca diretta dal fiume, coltivazioni che andranno a reddito sicuro in due/tre anni con interessante introito assicurato.
Papaya e banane raccolte vengono spedite via container navale o aereo direttamente sui mercati Europei (opportunità della globalizzazione viste da sud) ti fai pagare in dollari e magari su conti svizzeri no ? (averceli..!) Luca si fa avanti, è interessato ai terreni vicini ancora disponibili (gli ettari quasi si sprecano..10, 50, anche 100!) anch'essi tutti fronte fiume. Questo operativo collega amico compagno di viaggio non riesce mai a tener troppo a bada il suo forte spirito imprenditoriale, neppur con il caldo autoritario, le zanzare malariche che pungono, alcune canne d’erba d'africa, birra e vino e la stanchezza.. non capisco perchè in questa terra spesso così indolente noi non si dorme mai abbastanza (c'est l'afrique). Se c’è odor d’affari lui lo fiuta come un tabui (cane da tartufi piemontese), dopo un paio di bottiglie di vino antipasti succulenti di legumi carne alla griglia diverse chiacchere su argomenti di macro-economia su scala globale diverse sigarette in fumo, Davìd e Lucà (rigorosa pronuncia francese) (infatti io per tutto questo mondo francofono sotto il sahara ormai sono Cesàr) cercano un’intesa d’affari .. Davìd da buon africano ci sa fare, non si espone ci indaga, pone delle questioni.. dei problemi per poi diventarne soluzione, ad esempio ci parla delle pratiche per ottenere le concessioni dei terreni, una procedura complessa che deve passar per autorizzazioni prefettizie, catastali, locali, rapporti informali e ancestrali che arrivano talvolta addirittura alla necessità di responsi con riti pseudo-animisti da parte dello "chef du village" al fine di ottenere il giusto auspicio-parere per concedere la terra degli avi ai bianchi che la faranno lavorare con propria convenienza alla gente del posto, si lancia un pollo in aria e si guarda come atterra.. mah(!?!), io intanto ero già molto preoccupato dei debiti che mi sarei dovuto fare se avessi voluto far parte di questa audace impresa imprenditoriale burkinabè..(convincere il funzionario del credito agrario sotto i portici davanti piazza del mercato ad Asti, della bontà di un affare di terreni da coltivare lungo il Volta Nero in quel cavolo di posto in Africa a sud nel Burkina Faso giusto sul confine del Ghana, non sarebbe stato facile..) confuso ed incerto, sudato ed intorpidito dall’alcol mi abbandono sulla poltrona di vimini e con una certa attenzione continuo a seguir il filo del discorso di questa disputa d'affari guardando la scena ormai più da spettatore che da protagonista finchè Davìd con una certa enfasi teatrale per lusingarci e circuirci dopo averci praticamente sbronzato.. cambiando tono di voce e postura come per importante condifenza da farci che ci stupirà, allora a questo punto dobbiamo sapere che lì in Burkina Faso c’è un detto africano che dice: (in francese) ”Dio è grande ma i bianchi non sono piccoli“ sospensione, beh accidenti! mi dico riflettendo che di primo acchito potrebbe anche sembrare un gran bel complimento, ma che percontro la saggezza africana ha saputo assimilare e mettersi in guardia dalle fregature e dai sopprusi che i bianchi colonialisti-razzisti han fatto da queste parti ormai da secoli.. però adesso dopo le sollecitazioni di Luca, che non molla e tiene meglio l'acol di me, veniamo al dunque e lo facciamo sbilanciare, dopo tutta questa bella pantomima, propone che nell'affare dove noi metteremmo tutti i soldi a Lui spetterebbe il 50 % !! sospensione doppia, a questo punto pensiamo che non spetta certo a noi due italiani esser all'altezza del nostro colore, quindi ringraziamo l'amico burkinabè per l'ospitalità e ingrati a Dio per l'occasione mancata ce ne andiamo definitivamente a dormire senza concludere l'affare.

mercoledì 14 novembre 2012

2° storia 3° parte, l'abatuàr (abattoir)

Periferia di Ouagadougou, la terra lungo la strada si fa scura.. quasi nera, mista al sangue,  nonostante il caldo la situazione è surreale, ci sono animali vivi (pecore, capre e vacche) che stazionano accompagnati dagli allevatori, tutti magri, in attesa di sgozzarli, ci sono gli animali morti e poi uomini sudati che attraversano la strada trafficata portando in spalla quarti e mezzene già scuoiate da caricare sui camion “refrigerati“ parcheggiati sul lato opposto. Un circolo continuo di avvoltoi in cielo. E' così, tutto un po’ empirico, lugubre e tropicale, in quest'aria mista di polvere caldo e mosche non c'è dubbio che il destino imperversa con un misterioso equilibrio che governa il tutto. Luca, sempre molto pragmatico (imprenditore agricolo ma laureato in medicina) mi parla di queste condizioni con temperature così torride e di quei parassiti della carne che si sviluppano veicolati dalle mosche .. daltronde questa che vediamo lavorata qui nel mattatoio, il macello pubblico all'aria aperta della città, è la carne che viene servita nei ristoranti e venduta appesa fuori dalle "boutique" (i negozi) in tutta la capitale. Ragionando in merito è pur vero che la conservazione sia un fattore determinante per la salubrità degli alimenti e la catena del freddo difficile da rispettare.. quindi che fare ? conviene mangiarla sempre ben cotta, non al sangue per evitare una sicura dissenteria, che sei hai il privilegio di porti questo problema.. e non sei tranquillo, visto che da queste parti la carne, sopratutto quella bovina, è un lusso, la puoi sempre condire con del pimènt (peperoncino piccante) che disinfetta e fa bene al sistema immunitario. Menù di stasera al ristorante per bianchi: filetto al pepe verde con pimént e patatine fritte, io però preferisco le brochette di capitain (pesce persico del nilo) con ignami alla griglia e una birra bionda fresca in bottiglia da 66 cl. la "Brakina" della "brasserie dell'afrique de l'ouest". Proseguiamo, arriviamo alla barriera d'uscita dalla città, ci si ferma sempre, salutiamo il poliziotto che incassa la tassa di transito pagata da Marcel, che a sua volta ritira una ricevuta che ripone nel cassetto della macchina, questa volta non deve tirar fuori tutti i documenti del veicolo compresa patente e vignettes, a sua volta saluta tutti perchè quasi tutti lo conoscono quì alla barriera. Scopro che presso la barriera non c'è solo il poliziotto, ma un mondo variegato, a volte ci sono i gendarmi per altri controlli, non hanno armi da fuoco ma bombolette spray e pugnale alla cintola. Ci sono nulla facenti blandamente appoggiati all'ombra in attesa di non si sa cosa che osservano ed interagiscono talvolta con il mondo che li circonda oppure intenti in dormiveglia con l'orecchio ad una radiolina a pile con l'antenna storta, operatori del trasporto pubblico in carico e scarico. Merci e persone. Commercianti di strada proponenti oggetti e beni vari disponibili alla trattativa ovunque tu possa esser sistemato, comodamente seduto in auto da un finestrino, oppure appoggiato su un cassone di pick up, oppure appollaiato su una qualche bagagliera di taxi brousse, oppure in sella ad una motocicletta Jap a 2 tempi così diffuse qui a Ouagà, sprigionanti un denso fumo azzurognolo che t'incide la carotide, oppure a cavalcioni di una bici, oppure a piedi come un semplice pedone. Perchè mi son accorto che qui in quest'Africa subsahariana c'è un sacco di gente che aspetta e che cammina, questo m'affascina, l'Africa si prende il suo tempo e si sposta ancora a piedi scalza o in ciabatte infradito.. noi però siamo operativi, è mattino e fa già caldo, superiamo la barriera e usciamo dalla città continuando sulla strada per Kaya, non ci si può sbagliare nè perdere, andiamo sempre dritti in direzione nord-est, verso il nulla sempre più dentro/fuori la brousse..(continua)

2° storia 2 ° parte, il barrage della “zone des bois”

Ci passiamo tutti i giorni davanti, il barrage di Ouagadougou è un grosso invaso artificiale d’acqua, la riserva idrica della città, in mezzo c'è una strada argine e si trova nella “zone des  Bois”, una zona verde come parco urbano, sulla sponda a nord del barrage c'è il Silmandè, l’hotel più fico della capitale, citato anche dall'antropolgo Aime in " Taxi Brousse". E’ l’unico posto della capitale con un innaturale prato all’inglese verdissimo irrigato, un ampio ingresso sorvegliato, ed inoltre, anche se non si vede bene dalla strada, c’è la piscina! salta all'occhio una cosa del genere, in un paese dove l’acquedotto è davvero un lusso l'acqua potabile per niente scontata e siccità assicurata nella stagione secca (che dura all'incirca 8 mesi). Comunque anche volendo non abbiamo nè lo stile nè il budget per poter soggiornare lì, non siamo cooperanti di professione, non apparteniamo a nessuna agenzia delle nazioni unite, non siamo business-man internazionali, per ora abbiamo un visto valido tre settimane, non sappiamo ancora bene che saremo e cosa faremo ma preferiamo investire qualche franco cfa in gasolio per andare in giro in brousse con Marcel. Marcel Bouda è un agricoltore contadino presidente del’ASK, il ns. partner locale, piccola associazione di agricoltori di Donsin (Donsè) villaggio del dipartimento di Ouaga. Dotato di un peugeot bachée, praticamente un 404 pick up anni' 70, mezzo disfatto, color beige, 2 posti + 1 in cabina ed il resto sul retro, "en plein air". Insieme a lui si va a visitare le coltivazioni e a incontrare le comunità dei contadini. In questo tour per i villaggi con automezzo, non ci si può certo sottrarre a dare un passaggio ai numerosi viandanti appiedati, un segno di saluto la vettura si ferma, ed il pedone saheliano salta sul cassone con un sorriso, fino ad esaurimento posti, all’andata verso la brousse, sul fondo del pianale, ci sono anche cartoni e bottiglie di plastica recuperata in città nella "Maison Jubilée" presso madame Giuliana, perché è tutto materiale prezioso nei villaggi, il cartone per addolcire i giacigli e le bottiglie di plastica come preziosi contenitori di liquidi. Il patto è che non venga dispersa la plastica. Oggi passiamo di nuovo davanti all'hotel Silmandè, mi sembra proprio un'entità avulsa al contesto generale e poi giro lo sguardo avanti ed attraversando il barrage mi riempio gli occhi dei riflessi dell'acqua color maròn chiaro, poco dopo guardo in alto e mi ritrovo a voltare lo sguardo ritmicamente destra e a sinistra più volte, da una parte e dall'altra, uno di quì uno di là, sono avvoltoi quelli appollaiati, famelici, almeno uno su ogni lampione lungo la strada (in questo tratto ancora asfaltata). Prima, davanti e tutt'attorno all’abattoir, il mattatoio di Ouaga.

2° storia 1° parte, Estate 2001

Genova-Ouagadougou-New York

nel 2001 avevo poco più di 30 anni
e mentre la mia attenzione di quell'estate si divideva tra la bassa modenese e Genova
partivo da Torino nel luglio del corrente anno, con una patente D internazionale nuova di zecca in tasca che non avrei mai sfruttato presa per guidare un camion che arrivò là ma sul quale non misi mai il culo, verso il Burkina Faso, in aereo con Air France, con un compagno di viaggio di nome Luca anche lui iper-patentato (medico-entrepreneur agricole), cambio a Parigi CDG, scalo a Bamako in Mali ed infine sbarco a Ouagadougou capitale del Burkina Faso (terra degli uomini integri),
(Uagadugù!) meglio conosciuta come Wagà o Ouaga, terra dei Mossi che parlano il morè, ma non solo, ci sono anche i Djoula i Malinkè i Peul i Touareg,
intanto a Genova  c'erano le manifestazioni no global al G8, con i black blok teutonici gli autonomi italiani e gli anarchici greci che l'infiammavano mentre
la mia di fiamma ardeva in quel di Modena..
Insomma, intanto io partivo per l'Africa che non conoscevo,
proprio per il buco del culo del mondo, altro che manifestazioni per un mondo migliore e più giusto io andavo per puro egoistico spirito d'avventura, quindi per far cooperazione.. era una bella scusa,
là dove c'erano state rivoluzioni e contro-rivoluzioni, (Sankarà fatto fuori da Compaorè), dove ogni 2 anni si svolge il Fespaco, festival del cinema panafricano, dove in una rotonda stradale della "circulaire" della capitale c'è il monumento a Fausto Coppi!
e  grazie anche al suo mito sportivo che ancora oggi si svolge il Tour du Faso, la più importante gara ciclistica dell'Africa sub-sahariana, l'ex Alto Volta malarico per il campionissimo che vi si recò per un safari,
dove si registra uno dei più bassi indici di sviluppo umano classificato dal Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite, dove la mortalità infatile è alta e la speranza di vita media è bassa,
dove arde(va) un sole che bruciava innanzitutto un'agricoltura di sussitenza fondamentale e non sufficiente per sfamare la gente del posto,
in città 4 strade in croce asfaltate,
in centre-ville 2 boit (locali notturni) e 3 alberghi classificati con aria condizionata,
per il resto di terra battuta con sopra un cielo immenso,
terra rossa ferrosa di laterite che si allargava,
che s'allargava tutto intorno
nella brousse, la savana,
il sahel
dove i tuoi riferimenti vengono rimessi in discussione:
a sud di nessun nord..

p.s. quell'estate tornai un'altra volta in Burkina Faso sempre a Ouagadougou presso la Maison Jubilè, ad Agosto per altre 3 settimane, verso la fine del mese rientrai in Italia ci reincontrammo la sera proprio sul fronte del porto a Genova, io masticavo noce di cola e Lei era uno splendore, fu una notte speciale, e già s'erano spenti gli echi fragorosi del G8, dopo un paio di settimane ancora insieme, come un incubo arrivò l'11.09 a New York.
Così finì un'estate epocale.

Suburbia

martedì 13 novembre 2012

1° storia 1° parte, Cannabis Protectio



Panis Vita
Vinum Laetitia
Canabis Protectio
questa antica frase l'ho incontrata ormai diversi anni fa, è riportata sulle volte affrescate, con tralci di vite, spighe di grano e cime di canapa, dei portici di Viale dell'Indipendenza a Bologna (le prime tre volte a sx di fronte alla Piazza del Nettuno), quindi per me che sono di famiglia contadina di trebbiatori di grano e che appartengo al territorio del vino per eccellenza.. la canapa non poteva che esser nel mio destino. Così che coltivo canapa dal 1999, in questi anni la canapa mi ha accompagnato anche in Africa, tessuti fatti tingere con i colori naturali della brousse in Burkina, camicie su misura confezionate dall'amico Moussa Ouattara sarto artigiano della GiRoMode di Ouagadougou fondata da Giuliana e Romano, tres chic! Fino ad ora proprio la canapa mi ha "protetto" nel mio girovagare tra il Burkina Faso, il Senegal e la Costa d'Avorio.