mercoledì 14 novembre 2012

2° storia 3° parte, l'abatuàr (abattoir)

Periferia di Ouagadougou, la terra lungo la strada si fa scura.. quasi nera, mista al sangue,  nonostante il caldo la situazione è surreale, ci sono animali vivi (pecore, capre e vacche) che stazionano accompagnati dagli allevatori, tutti magri, in attesa di sgozzarli, ci sono gli animali morti e poi uomini sudati che attraversano la strada trafficata portando in spalla quarti e mezzene già scuoiate da caricare sui camion “refrigerati“ parcheggiati sul lato opposto. Un circolo continuo di avvoltoi in cielo. E' così, tutto un po’ empirico, lugubre e tropicale, in quest'aria mista di polvere caldo e mosche non c'è dubbio che il destino imperversa con un misterioso equilibrio che governa il tutto. Luca, sempre molto pragmatico (imprenditore agricolo ma laureato in medicina) mi parla di queste condizioni con temperature così torride e di quei parassiti della carne che si sviluppano veicolati dalle mosche .. daltronde questa che vediamo lavorata qui nel mattatoio, il macello pubblico all'aria aperta della città, è la carne che viene servita nei ristoranti e venduta appesa fuori dalle "boutique" (i negozi) in tutta la capitale. Ragionando in merito è pur vero che la conservazione sia un fattore determinante per la salubrità degli alimenti e la catena del freddo difficile da rispettare.. quindi che fare ? conviene mangiarla sempre ben cotta, non al sangue per evitare una sicura dissenteria, che sei hai il privilegio di porti questo problema.. e non sei tranquillo, visto che da queste parti la carne, sopratutto quella bovina, è un lusso, la puoi sempre condire con del pimènt (peperoncino piccante) che disinfetta e fa bene al sistema immunitario. Menù di stasera al ristorante per bianchi: filetto al pepe verde con pimént e patatine fritte, io però preferisco le brochette di capitain (pesce persico del nilo) con ignami alla griglia e una birra bionda fresca in bottiglia da 66 cl. la "Brakina" della "brasserie dell'afrique de l'ouest". Proseguiamo, arriviamo alla barriera d'uscita dalla città, ci si ferma sempre, salutiamo il poliziotto che incassa la tassa di transito pagata da Marcel, che a sua volta ritira una ricevuta che ripone nel cassetto della macchina, questa volta non deve tirar fuori tutti i documenti del veicolo compresa patente e vignettes, a sua volta saluta tutti perchè quasi tutti lo conoscono quì alla barriera. Scopro che presso la barriera non c'è solo il poliziotto, ma un mondo variegato, a volte ci sono i gendarmi per altri controlli, non hanno armi da fuoco ma bombolette spray e pugnale alla cintola. Ci sono nulla facenti blandamente appoggiati all'ombra in attesa di non si sa cosa che osservano ed interagiscono talvolta con il mondo che li circonda oppure intenti in dormiveglia con l'orecchio ad una radiolina a pile con l'antenna storta, operatori del trasporto pubblico in carico e scarico. Merci e persone. Commercianti di strada proponenti oggetti e beni vari disponibili alla trattativa ovunque tu possa esser sistemato, comodamente seduto in auto da un finestrino, oppure appoggiato su un cassone di pick up, oppure appollaiato su una qualche bagagliera di taxi brousse, oppure in sella ad una motocicletta Jap a 2 tempi così diffuse qui a Ouagà, sprigionanti un denso fumo azzurognolo che t'incide la carotide, oppure a cavalcioni di una bici, oppure a piedi come un semplice pedone. Perchè mi son accorto che qui in quest'Africa subsahariana c'è un sacco di gente che aspetta e che cammina, questo m'affascina, l'Africa si prende il suo tempo e si sposta ancora a piedi scalza o in ciabatte infradito.. noi però siamo operativi, è mattino e fa già caldo, superiamo la barriera e usciamo dalla città continuando sulla strada per Kaya, non ci si può sbagliare nè perdere, andiamo sempre dritti in direzione nord-est, verso il nulla sempre più dentro/fuori la brousse..(continua)

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