lunedì 19 novembre 2012

2° storia 5° parte, C'est l'afrique (Benvenuto in Africa)

Erano i primi giorni della prima missione in Burkina Faso, luglio 2001, ricordo il tutto non in dettaglio, in volo da Torino, via Parigi poi scalo Bamako ed arrivo a Ouagadougou. Sbarco dall’aereo dove metto piede per la prima volta sul continente nero, sento subito il caldo umido della stagione delle pioggie, con Luca, lui qui ci è già stato un paio di volte, ormai esperto delle trafile, svolgiamo gli adempimenti d'ingresso con una certa solerzia non fosse per il fatto che lasciamo lì al bancone di legno della polizia di frontiera, governato da una solerte donna formosa in uniforme cachi, i ns. passaporti. A fatica riesco a scrivere il nome di questo luogo di “disembarcament” sulla "fiche" per i visti, (O-u-a-g-a-d-o-u-g-o-u) (tutte queste vocali vicine ed uguali mi confondono) paghiamo 10.000 franchi CFA (circa 30.000 lire) ciascuno per la tassa di visto e consegnamo il passaporto in cambio di una ricevuta che non è altro che un foglio di carta malamente pre-stampato con un timbro blue enorme ed una firma scarabocchiata, con un certo senso di nudità, provocato da questa consegna coatta in cambio di uno "straccio" di ricevuta, proseguo per il ritiro bagagli.
Ne fanno parte due sacchi  da 25 kg cadauno di sementi di sorgo da foraggio (sono per il progetto di cooperazione, per le vacche da allevare per la filiera del latte, per far la guerra a quello in polvere delle multinazionali..). Insomma questi due sacchi, in partenza a Torino, avevano già tutta una loro storia, recuperati a fatica fuori stagione in qualche magazzino del consorzio agrario avevano girovagato di mano in mano qualche settimana per mezzo Piemonte prima di esser recapitati  a casa di Luca. Successivamente avevano creato qualche problema con le stilosissime hostess dell'AirFrance al check-in di Caselle, queste belle figliole non avevano mai imbarcato bagagli di tal genere e quindi incerte e dubbiose sul reale contenuto e sulla consistenza e resistenza, dopo nostra decisa insistenza, spiegando le motivazioni "umanitarie" di tale merce, trovarono una soluzione facendoceli impacchettare di nylon presso l'apposita postazione normalmente impiegata per proteggere le valigie griffate dei turisti di stagione che guarda caso in fila dopo di noi s'erano già un po’ innervositi "per via di 'sti due contadini" mezzi Indiana Jones e mezzi missionari laici (laicissimi) volontari in partenza con scalo a Parigi verso un'improbabile quanto sconosciuta destinazione che facevan solo perder tempo. Questi due sacchi di sorgo da foraggio  in arrivo a Ouagadougou posti su due carrelli con gli altri bagagli stimolarono inoltre la curiosita e l’ilarità dei doganieri tranquillamente di stanza lì, che chiedendoci che (caspita) ne avremmo fatto gli rispondemmo che erano per la brousse, convinti noi d'esserci sobbarcati tutto questo peso.. ci lasciarono passare senza ulteriori controlli. 
Infine uscemmo dall'aeroporto dove c'era un taxi  verde, un mercedes tutto scassato con avviamento a contatto tra i fili del cruscotto, uno chaffeur di qualche etnia verso il Niger con le tipiche scarificazioni sul viso, che Giuliana aveva recuperato per venirci ad accogliere. Giuliana ci saluta, la conosco in quel momento, è una signora dai capelli rossi dagli occhi e la carnagione chiara, in netto contrasto con il contesto umano tipico del luogo, ma allegra e piena d'energia, è un'ex pellicciaia di Alba in pensione che sta organizzando le attività di formazione per i sarti, "corsi di couture", rappresentante di tal associazione di categoria artigiana presidente del movimento femminile regionale coinvolta partner del Progetto Jubilè, naturalmente anche io e Luca siamo i rappresentanti, con diverso ruolo, di tal associazione di categoria agricola coinvolta (suo malgrado) partner del progetto Jubilè, (Luca delegato del movimento giovaline regionale, io semplice associato).
Questa prima boccata d’aria d’Africa mi ha letteralmente confuso, sarà la stanchezza del viaggio, il caldo della situazione esotico-tropicale-saheliana che mi stordiscono, il caos di questi nuovi luoghi dove è tutto un brulicare di persone in movimento sui più svariati mezzi di trasporto.
Persone, affaccendate a sopravvivere che s’intersecano e m'incrociamo indaffarate, mentre per me è una saturazione di sensazioni - mi riprendo un attimo e m'accendo una sigaretta, "ça va monsieur? tres bien, mercì" - mentre è tutto color crete senesi con un'orizzonte ambrato, siamo al tramonto, c’è un po’ di vento che spira e solleva in un "tourbilion" la sabbia rossa sull'asfalto del piazzale dell'aeroporto mentre controllo il traffico del carico  bagagli, mentre sventolano la bandiera nazionale e della CEDAO, nel baule in un attimo ritrovo intatti anche i due sacchi di semente perché c'è un fermento di braccia e mani dei diversi portantini aereoportuali che si accalcano per darci una mano, per guadagnarsi una moneta che distrattamente gli si lascia e poi saliamo sul taxi e attraversando questa città, capitale sconosciuta al mio mondo, con oltre un milione di abitanti, raggiungiamo la casa.
La nostra base, quella che sarà la "Maison Jubileé" vicino la zone de Bois, perché noi non si dorme in albergo, abbiamo la casa del progetto presa in affitto che sta allestendo Giuliana, arrivata un paio di setttimane prima. Un quartiere di strade rosse di terra battuta, laterite - muri perimetrali e cancelli di ferro, con cespugli ed arbusti di verde che invadono come qualche mucchio di immondizia  di organico e sabbia da cantiere la carreggiata, qualche pollo che razzola ed un porco che grugnisce attraversando. Ad ogni passaggio è una lenta gymkhana. Per ora in casa ci sono pochi mobili in un ampio salone dove verrano allestiti i tavoli di couturerie, c'è un divano, due camere, una toilette con l'acqua corrente, abbiamo l'energia elettrica, non c'è l'aria condizionata (per fortuna) ma la moustiquaire alle finestre ed i ventilatori a soffitto, fuori una veranda ed un pergolato di ibisco, sui muri  e nel controsoffitto vivono jeki e marguià che si mangieranno le ns. zanzare.  Ricordo cosa ci ha detto prima di partire il padre di Luca, medico e professore all'università: "ragazzi andate in una zona iper-endemica, occhio alla malaria". Effettivamente siamo nella stagione delle pioggie ed il rischio c'è, quindi senza profilassi (non mi sono convinto ad avvelenarmi il fegato di Lariam) ma con speranza mi affido alla protezione dell'Autàn. In questa casa nei prossimi giorni ci sarà anche un guardiano, anzi dei guardiani, uno per il giorno con ruolo più da portiere, quando arriveranno i materiali nel magazzino (tessuti, stoffe, altre supellettili per il progetto) altri due la notte armati contro i ladri, solo più tardi mi renderò conto che tale ruolo nelle città africane è una specie di perversione showinistica, come elemento di distinzione nella realtà residenziale di pochi privilegiati benestanti, indispensabile quanto inutile, è uno status-simbol, fa bella figura di sè sulla porta di casa, al cancello, magari in divisa, una specie di portinaio con facoltà di difesa e tutela da curiosi intrusi e potenziali ladri, componente fondamentale per la tranquillità di ogni "fouyer domestico" che si rispetti, soprattutto se costituito da bianchi, il guardiano è, in paese penultimo nella classifica dell'indice di sviluppo umano dell'Onu, il  riconoscimento tangibile e sfrontato di una differenza sostanziale di censo. 
Trascorsi un paio di giorni di tour in brousse con Marcel, dopo esser passato presso la polizia di frontiera all'aeroporto Emile ci consegna il passaporto con il visto rilasciato dalle autorità ministeriali, mi sembra tanto un’opera di artigianato burocratico in stile borbonico, perché occupa tutta un’intera pagina con tre diversi timbri rossi, con una vistosa firma in calce ed una marca da bollo. Quindi ora sono in Burkina Faso, con domicilio nella capitale Ouagadougou, quartiere Zogonà, Maison Jubileé, ho recuperato il mio passaporto con il visto, non mi sento più così scoperto.. benvenuto in Africa.  (continua)

 

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